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"A volte vorrei dedicarmi alla progettazione, alla pittura, ma non ho tempo. Ora sono un soldato in prima linea."
―Francesco Vecellio[src]

Francesco Vecellio (1475 - 1560) è stato un pittore italiano e membro del ramo italiano dell'Ordine degli Assassini.

Rimasto orfano, entrò nell'Ordine degli Assassini per diritto di nascita. Questi lo affidarono alle cure di Perotto Calderon, un Assassino infiltrato alla corte dei Borgia sotto le vesti di un corriere. In seguito al tradimento del suo maestro, causato da una relazione segreta con la Templare Lucrezia Borgia, Francesco venne incaricato di ucciderlo insieme ad un altro gruppo di confratelli.

Successivamente all'assassinio di Perotto, Francesco divenne un apprendista del Maestro Assassino Ezio Auditore da Firenze, che dopo averlo addestrato lo mise a capo di una squadra.

Negli ultimi anni della sua vita iniziò una carriera da pittore, anche se non divenne mai famoso come suo fratello minore Tiziano. Francesco morì a Pieve di Cadore nel 1560, all'età di ottantacinque anni. Nel 2012 la Abstergo Industries estrasse i suoi ricordi dalla memoria genetica di un suo discendente per analizzarli attraverso il Data Dump Scanner.

Biografia[]

Giovinezza[]

"In un certo sento, io ho già un figlio. Si chiama Francesco, uno dei membri più giovani della Confraternita. Anche se non è ancora adulto, è un sostituto promettente."
―Perotto Calderon parla di Francesco[src]
PL Mentore

Francesco di fronte agli Assassini.

Di origini veneziane, Francesco Vecellio nacque a Pieve di Cadore nel 1475 in una famiglia affiliata all'Ordine degli Assassini. Quando i suoi genitori morirono nel mezzo di una rivolta[1] venne preso in custodia dalla Confraternita e affidato a Perotto Calderon, un Assassino infiltrato alla corte dei Borgia a Roma. Da subito si dimostrò un allievo molto capace suscitando l'ammirazione del suo maestro, il quale lo definì un'aggiunta straordinaria per l'Ordine.[2]

Tuttavia, Francesco venne spesso criticato da Perotto per il suo perfezionismo e il suo zelo verso le lezioni che gli impartiva. Sebbene passassero la maggior parte della giornata ad allenarsi, Perotto considerava importante anche lasciare che Francesco giocasse con dei bambini della sua età. Pertanto tra una lezione e l'altra lo portò spesso in un villaggio poco fuori città, tenendolo d'occhio mentre simulava una parata con gli altri bambini.[2]

PL Il sostituto

Francesco recupera uno dei rapporti di Perotto.

Nel 1498, quando Perotto venne infiltrato alla corte dei Borgia sotto le vesti di un corriere, Francesco fu incaricato di agire da tramite tra il suo maestro e l'Ordine, consegnando i rapporti di Perotto. Nonostante la nuova missione di quest'ultimo, Francesco non smise mai di allenarsi, progredendo ogni giorno di più, come denotato dal suo maestro.[3]

Tuttavia, quando Perotto iniziò una relazione segreta con la Templare Lucrezia Borgia, la mancata puntualità dei rapporti del suo maestro iniziò a preoccuparlo. Il giovane Assassino non ammise mai di aver scoperto il suo segreto, anche se ad un certo punto iniziò a mostrargli una certa diffidenza, scusandola col fatto di non essere in buona salute; Perotto non gli credette mai. A quel punto Lucrezia suggerì di avvelenare Francesco, ma Perotto si rifiutò sempre di fargli del male.[3]

Tradimento di Perotto[]

"Ho esaurito quasi ogni risorsa per mitigare la punizione di Perotto per i suoi crimini, ma temo ci sia poco che io possa fare. Stanotte gli daremo la caccia. Sia dannata la sua pazzia... tutto questo per una puttana Borgia?"
―Francesco parla del tradimento di Perotto[src]

Negli ultimi mesi del 1498, Francesco venne coinvolto nella caccia a Perotto. Questi infatti aveva rotto tutti e tre i principi del Credo in un disperato tentativo di salvare il figlio avuto insieme a Lucrezia, il quale era nato gravemente malformato e a cui erano stati diagnosticati pochi giorni di vita. Sebbene Francesco fosse profondamente ferito dalle scelte fatte dal suo maestro, scaricò la colpa su Lucrezia, accusandola di averlo sedotto. Francesco tentò in tutti i modi di convincere gli Assassini a risparmiare Perotto, ma a causa della sua giovane età e della gravità delle azioni compiute dal suo maestro, le sue obiezioni vennero respinte e Perotto venne condannato a morte.[3]

PL Senza ritegno

Francesco e gli Assassini combattono le guardie dei Borgia.

Francesco venne quindi assegnato alla squadra incaricata di uccidere Perotto. Mentre gli davano la caccia, Francesco e i suoi confratelli si imbatterono in un gruppo di soldati dei Borgia in fin di vita. Francesco lo definì un lavoro molto approssimativo, avendone lasciati alcuni ancora in vita e pronti ad inseguirlo. Costretti a concludere il lavoro del traditore, gli Assassini affrontarono i militi ancora vivi.[3]

Sebbene Francesco non avesse mai ucciso prima d'ora, fece del suo meglio aiutando i suoi confratelli nel mezzo della mischia. Nonostante tutto rischiò di subire un fendente al volto, ma venne salvato da un compagno. Concluso lo scontro con i soldati, Francesco e gli altri Assassini capirono che Perotto intendeva raggiungere Agnadello per utilizzare uno dei Frutti dell'Eden in possesso della Confraternita, la Sindone, per cercare di guarire suo figlio. Una volta giunti in città si recarono a casa di Rinaldo Vitturi, il custode del manufatto.[3]

Trovarono la casa vuota ma con il manufatto ancora riposto nel suo contenitore; di Perotto però nessuna traccia. Facendo domande alla gente del posto Francesco e i suoi compagni scoprirono che il loro bersaglio si era accampato fuori città. Gli Assassini circondarono l'accampamento di Perotto e, sebbene Francesco non fosse motivato ad attaccarlo, scoccò comunque qualche freccia contro di lui graffiandolo. Perotto lo guardò con aria affranta, ma non rispose al fuoco verso il suo allievo. L'abilità di Perotto con l'arco era di gran lunga superiore a quella degli altri Assassini e fece molte vittime, ma alla fine Francesco e gli altri lo travolsero e lo uccisero.[3]

Liberazione di Roma[]

"Stiamo lottando per opporci a Cesare Borgia il quale, con la sua famiglia corrotta, controlla la Chiesa e la città."
―Francesco parla della liberazione di Roma[src]
PL La retta via

Francesco si allena con Ezio.

Nel 1501, tre anni dopo la morte del suo primo mentore, Francesco venne trasferito a Roma per essere addestrato dal Maestro Assassino Ezio Auditore da Firenze. Sotto la sua guida imparò tecniche avanzate di corsa acrobatica, borseggio e mimetizzazione. Francesco entrò in stretta competizione gli altri allievi di Ezio, due dei quali - che sarebbero diventati suoi futuri compagni di squadra - lo batterono durante le lezioni.[4]

Durante lo svolgersi degli allenamenti Francesco fece richiesta di avere un equipaggiamento più avanzato. In particolare il giovane apprendista desiderava poter maneggiare una pistola celata come quella di Ezio. Quest'ultimo tuttavia non gliela concesse, poiché non lo riteneva pronto per un'arma di tale portata. Ezio lo mandò comunque da un alleato dell'Ordine, Leonardo da Vinci, il quale costruì per Francesco il primo esemplare di balestra celata; l'Assassino lo descrisse come un uomo piuttosto singolare, interessato più alla scienza e all'arte che alla politica.[4]

Missioni in Italia[]

Una volta completato il suo addestramento, Francesco venne messo a capo di un gruppo di Assassini il cui scopo era di distruggere l'influenza di Cesare Borgia sull'Italia. In particolare egli scelse come compagni l'abilissimo arciere Cipriano Enu e la maestra di veleni Tessa Varzi. Selezionata la sua squadra, Francesco venne mandato insieme ai suoi compagni a Piombino, dove incendiarono le navi con a bordo i tesori della signoria che Cesare stava facendo trasportare a Roma. Successivamente si spostarono a Massa Marittima, dove respinsero un convoglio dei Borgia intento ad appropriarsi dei giacimenti di alluminio locali.[4]

PL Tregua

Francesco parla con Rinaldo ad Agnadello.

Francesco fece anche ritorno ad Agnadello alla ricerca di Rinaldo Vitturi, il vecchio custode della Sindone che aveva abbandonato l'ordine insieme alla sua squadra di Assassini veterani, in contrasto con la riluttanza degli Assassini ad utilizzare i poteri dei Frutti dell'Eden. Francesco rispose alle sue motivazioni accusandolo di parlare come un Templare, e gli uomini di Vitturi iniziarono ad avvicinarsi minacciosamente, ma Vitturi li fermò. Prima di andarsene Francesco propose loro di rientrare nell'Ordine per combattere i Borgia, senza ottenere immediata risposta.[4]

Una volta tornati a Roma furono incaricati di proteggere gli astronomi Domenico Novara e Niccolò Copernico da un probabile attentato dei Borgia, avversi alle scoperte astronomiche scomode allo Stato Pontificio che stavano divulgando. Messi al sicuro i due astronomi, si concentrarono su un appuntamento che il Papa aveva organizzato tra una dama di corte e l'ambasciatore veneziano Antonio Giustinian. Temendo per un attentato ai danni di quest'ultimo, Francesco prese il suo posto e come previsto la sua accompagnatrice si rivelò un sicario.[4]

Grazie all'aiuto di Enu Francesco riuscì a sopravvivere all'agguato e ad estorcere delle informazioni alla donna. Completata la missione Francesco e la sua squadra ottennero la fiducia di Giustinian, che promise di continuare la sua campagna contro i Borgia. Francesco e la squadra parteciparono anche alla difesa di Camerino, dove salvarono alcuni soldati nemici che Cesare voleva uccidere solo per il suo divertimento personale.[4]

PL In difesa della Duchessa

Francesco e gli Assassini difendono la duchessa Gonzaga.

Rientrati a Roma sfumarono un agguato organizzato da Cesare ai danni della duchessa di Urbino Elisabetta Gonzaga, in quanto vedeva come un insulto la sua partecipazione al giubileo papale. Dopo averla sedata con una delle miscele di Tessa, Francesco e gli Assassini la misero in viaggio verso Mantova.[4] La squadra iniziò poi una collaborazione con la Templare traditrice Fiora Cavazza per eliminare gli agenti Templari Rocco Tiepolo, Cahin, Caha e Baltasar de Silva.[5]

Poco tempo dopo, la squadra capitanata da Vecellio venne incaricata di eliminare il Doge veneziano e Templare Agostino Barbarigo, che non aveva mantenuto la promessa fatta ad Ezio anni prima: non seguire le orme di suo fratello Marco e mantenersi lontano dalle trame dei Borgia.[4]

Divenuto uno stretto alleato di Cesare, Agostino iniziò ad opprimere i veneziani con una scorretta politica finanziaria e giudiziaria. Piuttosto che ucciderlo direttamente, Francesco optò per uno dei piani ideati da Tessa: inviarono quattro lettere di minaccia ad Agostino, cospargendo ognuna con un potente e letale veleno. Una volta morto, Francesco e la sua squadra si assicurarono che il futuro doge Leonardo Loredan fosse messo al corrente dei rischi che comportavano le relazioni con i Borgia.[4]

Nel 1503 Francesco si mise alla ricerca del figlio del suo defunto maestro, Giovanni, sopravvissuto alla malattia grazie alla Sindone e cresciuto da Cesare Borgia in persona. Per rintracciarlo Francesco mandò un messaggio con un piccione viaggiatore, chiedendo a Giovanni un incontro alla fontana. Lo avvertì anche che per trovarlo avrebbe dovuto usare gli "altri occhi". Il piccolo si presentò all'incontro, dove alcuni ladri tentarono però di derubarlo. Fortunatamente Francesco salvò il piccolo, eliminando i furfanti con un doppio assassinio in volo. Trovato Giovanni, Francesco lo accolse nell'Ordine.[6]

Agguato alla locanda[]

" Non abbiamo una via d’uscita. Stiamo per morire! Inciampo sui corpi dei miei Fratelli. Così tanti morti! Ho fallito."
―Francesco sul tetto della locanda incendiata[src]
PL La disfida di Barletta

Francesco e gli Assassini si infiltrano nell'avamposto francese di Barletta.

Nel 1503 il marchese Templare Charles de la Motte mise in dubbio il valore dei mercenari italiani e per dimostrare la superiorità di quelli francesi indisse un torneo a cavallo contro i soldati dei Borgia: la gara avrebbe avuto luogo a Barletta. Su ordine di Ezio, Francesco e la sua squadra avrebbero dovuto fare di tutto per far perdere i francesi, in modo da danneggiare i rapporti diplomatici tra Cesare e re Luigi XII.[4]

Durante la notte Francesco, Enu e Tessa si infiltrarono nel campo dei mercenari francesi di stanza a Barletta, cospargendo le loro provviste alimentari di polvere soporifera. Non essendo più in condizione di gareggiare, mercenari francesi subirono la schiacciante vittoria degli avversari italiani.

Tempo dopo, gli Assassini scoprirono che Charles de la Motte aveva ottenuto dai Borgia il permesso di entrare a Roma con la sua legione, molto probabilmente con l'obiettivo di stanarli. Così Francesco divise un gruppo di Assassini in due squadre, ed insieme si sparsero per Roma eliminando tutti i soldati francesi. Così facendo, gli Assassini cascarono direttamente nella trappola ideata dai Templari. Usciti allo scoperto, Francesco ed i suoi vennero sopraffatti dalle forze combinate dei Borgia e dei francesi. In svantaggio, gli Assassini cercarono rifugio dentro una locanda, che venne però incendiata dai nemici.[4]

PL Corsa contro il tempo

Francesco ed Enu sul tetto della locanda.

Non avendo tempo di mettersi in contatto con Ezio per ricevere rinforzi, tentarono una fuga disperata attraverso il tetto dell'edificio in fiamme. Molti Assassini, tra cui Tessa, morirono tra le fiamme durante la fuga. Soltanto Francesco ed Enu riuscirono a raggiungere il tetto della locanda incendiata.[4]

Lì il giovane Assassino cercò disperatamente di curare Enu da un colpo di proiettile che lo aveva raggiunto al collo. Tuttavia, ben presto vennero circondati dai soldati nemici e si arresero al loro destino. Il silenzio venne rotto da una grande esplosione da cui, non si sa come, Francesco riuscì a salvarsi, mentre Enu rimase disperso.[4]

Sopravvissuto all'attacco alla locanda, Francesco chiese ad Ezio il permesso di uccidere de la Motte e vendicare la morte della sua squadra. Il Mentore provò a spiegargli che la vendetta fosse una motivazione che poteva spingerlo a compiere scelte difficili, e non approvò la richiesta di Francesco, considerandolo ancora giovane ed inesperto per compiere da solo missioni tanto rischiose. Francesco insistette, ma Ezio declinò ancora la richiesta, dicendo invece che si sarebbe occupato di persona del Templare francese[6]

Caccia a Lonigo[]

"Il mio bersaglio è anziano e non sospetta nulla. Presto la vecchiaia lo condurrà alla tomba, ma voglio essere io a ucciderlo."
―Francesco parla del suo nuovo barsaglio[src]
Francesco a Lonigo

Francesco ottiene informazioni a Lonigo.

Una volta soddisfatta la sua sete di vendetta Francesco continuò ad allenarsi con Ezio, il quale iniziò a pretendere da lui un maggiore autocontrollo delle proprie emozioni. Solo nel 1510 Francesco aveva acquisito abbastanza esperienza per poter compiere delle missioni in solitaria.[7]

Quello stesso anno gli venne assegnata un'importantissima missione: uccidere Niccolò di Pitigliano, signore di Lonigo e alleato dei Templari, nonché possessore di uno dei Frutti dell'Eden, la Sindone. Francesco iniziò a raccogliere informazioni sul suo bersaglio, frequentando le taverne in cui stazionavano i suoi soldati, i suoi bordelli preferiti ed intercettando alcuni corrieri. Da queste ricognizioni scoprì che Niccolò non era per niente benvoluto dalla popolazione e che aveva mantenuto dei contatti con dei nobili romani.[7]

Successivamente iniziò a studiare la vita privata di Niccolò, denotando principalmente che organizzava molto spesso eventi alla sua reggia e che aveva uno zelante corpo militare. Appreso ogni dettaglio sulle abitudini di Niccolò, Francesco iniziò a distruggere la sua influenza su Lonigo. Per prima cosa corruppe dei banditori perché diffondessero malsane dicerie sul conto di Niccolò; ciò bastò a Francesco per scatenargli contro l'opinione pubblica contro di lui. In seguito eliminò i suoi contatti politici e clericali in città, per concludere con la razzia dei suoi convogli carichi di tesori.[7]

Mani Insanguinate PL

Francesco si confronta con Niccolò.

Giunto il giorno dell'assassinio, Francesco compì un giro di perlustrazione all'interno della villa del suo bersaglio, siglillando possibili vie di fuga e seminando trappole in cui far cadere il suo bersaglio. Facendosi aiutare da alcuni dei suoi apprendisti e confratelli Assassini più esperti, fece distrarre il grosso delle guardie da una sommossa popolare, mentre si introdusse insieme ad altri nella villa per ucciderlo.[7]

Trovato Niccolò, Francesco si limitò a ferirlo gravemente, in modo da indurlo a guarirsi con la Sindone. Raggiunto il manufatto Niccolò provò a fuggire con esso, cadendo però nelle trappole tese da Francesco. Senza scelta, Niccolò si avvolse nella Sindone per curarsi, ma il suo tentativo si trasformò presto in una morte brutale. Raggiunto il suo bersaglio in fin di vita, Francesco prese possesso della Sindone e tornò a Roma.[7]

Ultimi anni e morte[]

"Francesco Vecellio? Il giovane pittore? Non lo avrei mai immaginato."
―Fiora Cavazza dopo aver scoperto che Francesco era un Assassino[src]

Anni dopo Francesco intraprese la carriera di pittore, anche se non raggiunse mai lo stesso successo di suo fratello minore Tiziano. Nel 1524 creò una pala d'altare per la Chiesa della Difesa, a San Vito di Cadore. Nel 1540 dipinse anche un polittico a Candide e negli ultimi mesi dello stesso anno venne assunto per decorare le ante d'organo di San Salvatore a Venezia.[1]

Dipinse anche un annunciazione di San Nicola di Bari, ma la sua opera in assoluto più famosa è la tela Sant'Antonio fa trovare il cuore dell'usuraio nel forziere. Attorno al 1550 si trasferì a Venezia, dove creò diverse collezioni di dipinti per le gallerie d'arte cittadine. Solo nell'ultimo ventennio tornò nel suo paese di origine, Pieve di Cadore. Lì svolse alcuni incarichi politici e amministrativi, finché non morì di vecchiaia nel 1560.[1]

Caratteristiche e personalità[]

"Insegno delle tattiche a Francesco, ma è sorpreso dalla mia brutalità. Quel suo eccessivo senso dell’onore e del gioco pulito. Un giorno imparerà una dura lezione."
―Perotto parla di Francesco[src]
PL Fuoco di copertura

Francesco e Tessa durante una missione.

Durante la sua gioventù Francesco venne descritto da Perotto come un bambino molto saggio per la sua età, tanto saggio che a volte parlava quasi come un adulto. L'Assassino aveva anche notato che Francesco fosse molto incline al senso dell'onore e al gioco pulito, cosa che secondo lui un giorno gli avrebbe impartito una dura lezione.

Nonostante tutto, Perotto descrisse il suo allievo come un apprendista devoto ed appassionato. Durante l'addestramento, Perotto notò in Francesco un perfezionismo quasi maniacale: il giovane gli chiedeva ogni volta di ripetere le lezioni che non aveva capito e non gli permetteva di proseguire finché non era sicuro di averle assimilate appieno.

Questo comportamento causò molto spesso irritazione nell'Assassino più anziano. Francesco possedeva anche uno scarso autocontrollo delle proprie emozioni, come dimostrava spesso durante le lezioni di scherma con Perotto quando attaccava quest'ultimo con rabbia e foga di batterlo, facendo risultare i suoi attacchi molto facili da intercettare. Il suo maestro gli spiegò spesso che coinvolgere le emozioni durante una lezione poteva risultare una grave debolezza.

Anche sotto la guida di Ezio, Francesco continuò a risultare irritabile e impaziente dopo aver perso contro le altre reclute. Inoltre Francesco aveva molto a cuore Perotto, al quale doveva tanto poiché secondo lui gli aveva insegnato a "comportarsi ed a parlare come un uomo". Per via del suo legame, incolpò duramente Lucrezia per il tradimento di Perotto e il suo tentativo disperato di salvare suo figlio con la Sindone. Francesco si dimostrò protettivo anche nei confronti della sua squadra e di tutti i suoi confratelli Assassini.

Quando molti di loro morirono durante l'attacco alla locanda nel 1503, il senso di colpa e la sete di vendetta lo fecero sprofondare in una profonda depressione. Molti anni dopo aver perso la squadra, Francesco divenne molto freddo e calcolatore, perdendo in parte il senso dell'onore che lo aveva caratterizzato negli anni precedenti. Divenne disposto a tutto pur di portare a termine una missione, tanto che non esitò ad uccidere informatori scomodi o a ferire gravemente le sue vittime durante gli interrogatori.

PL L'inventore

Francesco con Leonardo da Vinci.

Tuttavia non perse il suo perfezionismo, tanto che egli stesso si definì eccessivo ma attento ai dettagli mentre tagliava preventivamente le vie di fuga a Niccolò di Pitigliano. Nonostante avesse dedicato la sua vita intera agli Assassini, Francesco era anche un appassionato d'arte.

Molto probabilmente decise di intraprendere la carriera di pittore in seguito all'incontro con Leonardo da Vinci. Francesco dimostrò la sua passione per l'arte anche durante le razzie attuate ai danni di Pitigliano, decidendo di tenere per sé tutte le sculture e le opere d'arte ottenute.

Curiosità[]

  • Durante l'addestramento con Ezio, Francesco portava già una doppia lama celata, nonostante all'epoca soltanto i Maestri Assassini ne portassero due.
  • Gli abiti da Assassino di Vecellio sono simili a quelli indossati da Giovanni Auditore da Firenze e da suo figlio Ezio.

Galleria[]

Note[]

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